Finalmente il profilo dell’ASO arrivò e colse tutti di sorpresa.
In tanti si chiederanno leggendo queste mie parole: ” Com’é possibile?”
E’ di appena una settimana fa la notizia dell’approvazione dell’accordo della conferenza Stato Regioni eppure, in questi pochi giorni, in tantissimi hanno preso d’assalto la nostra segreteria chiedendo notizie, chiarimenti, indicazioni.
Ne avevamo discusso non molti mesi fa, quando l’accordo era giunto sul tavolo degli addetti ai lavori, profondendo spiegazioni a chiunque abbia chiesto il nostro aiuto.
Eppure molti hanno accolto la novella come un fulmine a ciel sereno non riuscendo a comprenderne i contenuti e le dinamiche.
Ogni anno abbiamo assistito ai proclami creando aspettative conclusesi con i soliti fuochi di fine anno, speranze e auguri per l’anno nuovo.
Abbiamo speso un numero infinito di parole, litri di inchiostro e consumato innumerevoli suole di scarpe per raggiungere colleghi in tutta Italia allo scopo di raggruppare gli ASO a formare una categoria capace di discutere, confrontarsi, proporre.
Tutto questo sembra non essere stato un lavoro inutile a giudicare dal chiacchiericcio e la concitazione palpabile ultimamente perché adesso l’ASO è una figura riconosciuta e “nessuno se lo aspettava”. Gran parte degli odontoiatri, ( leggendo sui social ) considera la frequenza di un corso di formazione per ASO inutile e oneroso ma anche la nostra categoria non vuole essere da meno quando alcuni colleghi sostengono che non è necessario frequentare un corso perché “si impara tutto sul campo” e non vi è alcuna differenza tra un ASO formato in aula ed uno che impara seguendo le indicazioni del proprio titolare..
Ma allora viene da chiedersi: esistono, in altri ambiti lavorativi, dipendenti che vengono assunti senza essere in possesso di un titolo di studi inerente l’attività che andranno a svolgere?
Ho fatto una ricerca veloce e, si, certo che si! Mi sono apparse ben 5 voci ( pensavo non ve ne fossero! ) :
Barista – Pizzaiolo – Commessa – Addetti alle pulizie – Badante
Sarà vero?
A questo punto ho pensato ai dati ISTAT ( archivio ) del 2016 che avevo letto recentemente ed ho ritenuto che anche a voi servirebbe conoscerli.
Tra i giovani usciti dal percorso educativo il tasso di occupazione è al 60% e cresce all’aumentare del livello di istruzione: 47,4% per chi ha un titolo di studio basso, 63,0% per i diplomati, 71,7% per i laureati. Non è mia intenzione impressionare il lettore ma purtroppo vado ad illustrare la triste realtà. In effetti, l’ultimo rapporto stilato dall’ISTAT denota come circa l’80 percento degli italiani, pur conoscendo gli elementi base di grammatica e di lettura, non è in grado di comprendere e sintetizzare un breve paragrafo di testo di media difficoltà, un articolo di giornale, ecc. appena letti o ascoltati. In poche parole,si evince l’incapacità di organizzare in modo logico, riflessivo e razionale, un racconto, un discorso. Denota inoltre, un impressionante 19% di connazionali che nel corso dello scorso anno non hanno aperto un libro, un quotidiano, ma hanno dedicato soltanto molte ore alla televisione ( abbiamo ben presente l’offerta corrente), quale unico mezzo primario per acquisire l’informazione.
Il dato che dovrebbe far riflettere riguarda il cosiddetto analfabetismo funzionale, ovvero coloro che si trovano al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura e nell’ascolto. Persone che hanno perso quella capacità senza nemmeno rendersi conto. La conseguenza diventa drammatica quando si apprende che tre quarti dei cittadini non va oltre ad una basilare analisi di un qualsiasi “discorso”. Su un articolo de La Stampa del 22/01/2017, Mimmo Candito, rifacendosi ai dati ISTAT di cui sopra, esprime un pensiero che mi ha colpito moltissimo:
”…E questo vuol dire che tra la gente che abbiamo attorno a noi, al caffè, negli uffici, nella metropolitana, nel bar, nel negozio sotto casa, più di 3 di loro su 4 sono analfabeti: sembrano “normali” anch’essi, discutono con noi, fanno il loro lavoro, parlano di politica e di sport, sbrigano le loro faccende senza apparenti difficoltà, non li distinguiamo con alcuna evidenza da quell’unico di loro che non è analfabeta, e però sono “diversi”.
E aggiunge: “Sono incapaci! La (relativa) complessità della realtà gli sfugge, colgono soltanto barlumi, segni netti ma semplici, lampi di parole e di significati privi tuttavia di organizzazione logica, razionale, riflessiva.”
La competenza minima per individuare una capacità di articolazione del proprio ruolo di “cittadino” – di soggetto consapevole del proprio ruolo sociale, disponibile a usare questo ruolo nel pieno controllo della interrelazione con ogni atto pubblico e privato – questa competenza appartiene soltanto al 20 per cento dei nostri connazionali.
Ora, considerando questi elementi, mi viene da porgere alcune domande:
La formazione è utile oppure no?
Un ASO senza una formazione, è davvero in grado di gestire il processo di sterilizzazione, il riordino delle attrezzature, del riunito odontoiatrico e delle sale operatorie, la collaborazione con l’abilitato all’esercizio dell’odontoiatria nel corso degli interventi e l’assistenza al paziente senza rischi per nessuno (operatore in primis)?
Non vi sentireste più tutelati anche voi? ( titolari e dipendenti, ).
Non fidiamoci di un attestato ma impegniamoci ad agevolare la sinapsi dei neuroni perché l’ultima cosa dobbiamo favorire in Italia è l’aumento dell’analfabetismo funzionale.
Rossella Abbondanza